Musica e parole italo-americane: intervista a Peppe Servillo

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SERVILLO“Ah felicità,chissà su quale treno della notte passerai/lo so che passerai/ma come sempre di fretta, non ti fermi mai” canta Peppe Servillo con il caloroso pubblico, al Teatro Cantero, sulle note di jazz argentino che uniscono straordinariamente Italia e Sud America. Servillo(voce), Javier Girotto (sassofono,clarinetto,flauto e percussioni) e Natalio Mangalavite (pianoforte e tastiera) si fanno portavoce e trait d’union di quella cultura popolare italo-americana che, con semplicità ed ironia,racconta la dura ed umile vita della piccola Italia e commenta il mondo moderno da quasi un secolo.

Le canzoni parlano di famiglie,di parenti non sempre affettuosi reciprocamente, di lavori umili,di invettive contro la società e di tanti grandi sogni. I sogni che stavano nei cuori delle migliaia di migranti italiani che hanno fuso la nostra cultura con quella argentina. Molti partirono da Chiavari e molti tornarono qui dopo aver fatto fortuna, lasciando un segno del loro movimento: le villette che costruirono in viale Tappani in stile spiccatamente argentino,che hanno attirato l’attenzione dei due musicisti italo-argentini che accompagnano Servillo.

La passione del trio per questa cultura mista si basa soprattutto sulle parole, spesso appartenenti a dialetti formati dalla miscela di altri dialetti. Al termine del concerto io sono salito sul palco ad intervistare Peppe Servillo, ecco quello che mi ha detto: “Un festival dedicato alla parola per me è particolare motivo d’interesse e di stimolo, perché nei nostri concetti abbiamo sempre dedicato l’attenzione ad autori letterari ai quali indirettamente ci siamo ispirati per scrivere le canzoni.

Autori anche della letteratura popolare della cultura argentina, quella che con Javier e Natalio proponiamo musicalmente e anche letterariamente, perché molti di questi testi, per esempio, delle canzoni di stasera sono testi che vengono dal così detto lunfardo, dal dialetto mescolato castigliano con le lingue degli immigrati d’origine italiana, quindi gli italiani del sud, dei genovesi piuttosto che dei veneti. Quindi la parola è un indicatore dei movimenti degli esseri umani.

Se noi avessimo dei colori per tutte le lingue che abitano nel mondo, avremmo l’orientamento delle culture e delle persone nel mondo. E questo ci aiuta moltissimo: la lingua spesso è una chiave per aprire le porte anche di territori, di orizzonti molto poco conosciuti. Quindi un festival dedicato alla parola è, per questo, per noi estremamente stimolante ed interessante, perciò ci ha fatto piacere stasera raccontarvi di Cortàzar, raccontarvi di autori come Pugliese, come Gardel, come lo stesso Piazzolla, quindi spesso autori di origine italiana che hanno dato vita a queste canzoni.”

Poi, dialogando informalmente con me e mio papà, Peppe si è complimentato per il nostro teatro e per la città. Il treno della felicità non si ferma mai, ma questo trio, per la durata del concerto, è riuscito a fermarlo a Chiavari.

Paolo Ricciardi