Camillo Sbarbaro, il lirico ligure dimenticato
La povera carta economica del 1944 delle pagine di una traduzione de “Il Prometeo incatenato” di Eschilo e de “L’Antigone” di Sofocle richiama la memoria di uno tra i tanti autori che la nostra terra ligure ha offerto alla letteratura mondiale: il sammargheritese Camillo Sbarbaro, poeta, grecista, latinista e botanico ingiustamente dimenticato.
Il professor Marcello Vaglio, presidente dell’Associazione “Pedale e Forchetta 1966”, ne ha delineato la poetica e la formazione presso la Società Economica questo pomeriggio. È emerso il ritratto di un uomo di cultura attivo a 360°, che si dedicava alla poesia, come alla traduzione dei testi greci e latini, alla politica, alla botanica raccogliendo licheni. Questa sua ultima passione gli fu tristemente utile nei momenti di ristrettezze economiche, in cui vendeva le sue collezioni per poter sopravvivere.
Al centro dell’intervento sono state poste le traduzioni di Sbarbaro dal greco de ”Il Ciclope” e “L’Alcesti” di Euripide ,“Il Prometeo incatenato” e “L’Antigone”. Camillo scelse di tradurre queste ultime due opere per precisi richiami al contesto storico: i due testi, pubblicati nel 1944 durante l’occupazione nazifascista In Italia, furono un fortissimo grido di libertà del paese ormai soggiogato e ferito. Si trattò di una decisione forte e coraggiosa, per cui rischiò l’arresto e la fucilazione.
Ne “L’Antigone” propose una traduzione dal forte timbro dialettico dei dialoghi tra i personaggi, ovvero quelle parti che rendono la tragedia interessante, secondo Hegel, rappresentando lo scontro tra leggi naturali, divine e leggi umane, positive, tra donna e uomo, tra oikos e polis (famiglia e città-stato) e, in ultima analisi, tra libertà ed oppressione. Il professor Vaglio rispolvera una parte di Sbarbaro meno conosciuta, ovvero la sua poeticità ligure, che lo porta ad introdurre nei testi e nelle traduzioni termini dialettali, ad esempio ne “Il Ciclope” troviamo “tarlucco” e “pittamorti”.
Paolo Ricciardi